Domanda: Resident Evil 6 è ancora survival horror, di quello genuino in cui hai la sensazione di avere poche munizioni e di trovarti in ambientazioni inquietanti/spaesanti e situazioni terrorizzanti? Risposta: lo è nella campagna di cinque missioni con protagonisti Leon Kennedy (già star di RE2 e RE4) e Helena Harper (guardia del corpo del presidente americano), ma più per l’horror che per il survival. Sì, perché è soprattutto la gestione del buio e l’irrobustita caratterizzazione degli zombi che risalta subito: curiosamente, nella saga che ha lanciato la moda dell’horror nei videogiochi, l’oscurità non è mai stato troppo sfruttata, e anche nei frangenti più tenebrosi, le sagome dei nemici erano piuttosto identificabili. Inoltre, negli ultimi capitoli della serie regolare, gli zombi non sembravano nemmeno più zombi, dagli zoticoni bestemmiatori di RE4 agli africani tarantolati di RE5. Invece in questa campagna ecco calare le tenebre, con forme nere e indistinte che proiettano qua e là qualche ombra grazie a fioche fonti di illuminazione, il che serve bene a confondervi sul loro numero e sulla loro posizione. E poi rantoli e gorgoglìi. E infine, quando finalmente si fanno avanti, li vedete claudicare, sbracciare verso di voi guidati dal loro idiota istinto predatorio, tendere le braccia a terra mentre strisciano dopo essere stati tranciati in due, lanciarsi e offrire terribili primi piani quando sono riusciti ad abbrancarvi. Insomma, aggirarsi prima negli interni dell’Università di Tali Oaks (là dove l’organizzazione bioterroristica Neo- Umbrella diffonde il nuovo Virus C), poi nel cimitero che porta alla vicina cattedrale, significa riscoprire con terrore la figura del morto vivente. PIANTE VS. ZOMBI E invece è il fattore survival a essere stato un po’ ridimensionato rispetto al glorioso passato: intanto i due protagonisti possono sparare e spostarsi allo stesso tempo e sfruttare ogni sorta di riparo, dalle pareti alla mobilia. E fin qui, sono buone notizie. Poi, non solo ci sono le classiche casse con le scorte di munizioni e piantine medicinali, ma gli stessi nemici ve ne lasciano qualche campione in eredità una volta liquidati. E ancora, ci sono le abilità acquistabili e potenziabili. Infine, c’è tutto un repertorio di attacchi e contrattacchi fisici, eseguibili tramite canonici comandi o fulminei QTE, con l’unica necessità di avere la barra della resistenza piena (novità) perché siano veramente efficaci. Solo che quest’ultima è ricaricabile piuttosto facilmente: basta stare fermi, e in un modo o nell’altro l’opportunità la si trova. Insomma, anche quando l’arsenale piange, non c’è da preoccuparsi più di tanto. UNA VOLTA QUI ERA SOLA CAMPAGNA E poi ci sono le altre due campagne (anch’esse di 5 missioni ciascuna), che vorrebbero intenzionalmente discostarsi ancora di più dallo stile classico della saga. Quella col duo di marines anti-bioterrorismo Chris Redfield & Piers Nivans, e quella col duo geneticamente modificato Jake Muiler & Sherry Birkin. Chris (presenza storica della saga) e Piers combattono in un vero e proprio sparatutto in terza persona, non solo contro morti viventi e mostri abominevoli, ma anche e soprattutto contro una soldataglia di bioterroristi pronti a premere il grilletto anche dopo che si sono tramutati in… Avete mai visto una tarantola incrociata con un guerrigliero? No? Bene, in RE6 la vedrete. Questa campagna è forse quella che mette più in luce certe criticità del gioco. Tanto per cominciare, la corrispondenza tra il tasto dello sfoderamento dell’arma e quello dell’addossamento ai ripari. Poiché a Chris e Piers capitano spesso sparatorie dal ritmo forsennato in interni angusti, molte volte finiscono con lo strusciare la schiena contro un muro quando invece volevano prendere la mira. E poi c’è l’I.A. piuttosto ottusa: è incredibile la facilità con cui si riesce a sfilare di fronte a certi nemici armati senza grossi problemi, prendendoli poi alle spalle con un colpo di grazia stealth che fa risparmiare proiettili. La campagna di Jake e Shelly, infine, è volutamente sbilanciata verso la brutalizzazione: addirittura il primo incorpora nel suo arsenale la voce “attacchi fisici” come se si trattasse di un ordigno. E a un certo punto è talmente orientata verso il ripudio delle armi che diventa puro stealth in cui si gioca a nascondino coi nemici. Ma è uno stealth piuttosto basico, in cui, una volta scoperti, è praticamente impossibile sfuggire alla rappresaglia nemica. MERCENARI Quindi l’unica cosa davvero apprezzabile è II recupero della figura dello zombi nella campagna di Chris ed Helena? Manco per sogno. In mezzo a tutto quello che vi abbiamo raccontato c’è una catena di eventi e situazioni da mozzare il fiato! Capcom ha incluso in un solo gioco tutte le sequenze (d’azione, interattive o semplicemente narrative) più spettacolarmente cinematografiche che si potessero concepire. A un certo punto, parte un rollercoaster di situazioni mirabolanti, che potremmo descrivere come un concentrato dei momenti più hollywoodiani di Uncharted e Modern Warfare messi insieme, solo elevati al cubo (durata complessiva compresa). Le campagne si incrociano e il quadro che ne viene fuori è quello di un’incredibile apocalisse biogenetica come mai era stata ritratta in 16 anni di esistenza della saga, con momenti narrativi/ giocabili veramente memorabili e… la guida di tutti i veicoli che vi vengono in mente! Di tutto, semplicemente in RE6 succede di tutto, sullo sfondo di bassifondi cinesi, atenei senza elettricità, portaerei ricolme di mezzi militari, tutto ritratto con gran cura dei particolari (e pazienza per le texture non cosi definite). Siamo ai confini dell’azione trash, anzi spesso ci siamo dentro in pieno (l’idea stessa dei nemici mezzi terroristi e mezzi mostri fa un po’ ridere…), ma tutto è controbilanciato dalla catastrofica drammaticità che il gioco trasmette e dal dubbio su chi sia II vero responsabile del consapevole disastro. È vero, il tradimento dello spirito originale della serie è quasi sfacciato, ma al contempo l’allineamento delle meccaniche di gioco a molteplici trend correnti si inserisce coerentemente in uno scenario di armageddon biogenetico che i primi Resident Evil manco si sognavano la notte. E tanto basta, davvero.