Sono passati tre mesi dalla conclusione della prima”puntata”della I serie videoludicadiThe Walking Dead, e ritroviamo il nostro manipolo di – diciamo così – eroi alle prese con un problema davvero grosso, e che per certi versi li rende simili ai morti viventi da cui cercano di scappare: la fame. Le provviste cominciano a scarseggiare, e i rapporti già non facili tra i vari sopravvissuti si fanno ancor più tesi. UNA PASSEGGIATA NEL PARCO Il prologo apre con un gruppo di studenti e il loro maestro di musica rimasti bloccati da una tagliola e circondati da un branco di zombi. Lee e un altro sopravvissuto giungono in loro soccorso, ma si capisce subito che Telltale non intende scherzare con il gore, forse più che nell’episodio precedente. E come tutte le situazioni brutali e scabrose in cui ci imbatteremo nel corso della partita, al cui confronto la prima è forse la più tranquilla, neanche questa è messa lì tanto per fare “sangue” ma coinvolge e sconvolge, disgusta e stupisce, obbligando il giocatore a una risposta emotiva sincera: uno dei principali pregi di The Walking Dead, che, a dispetto di un gameplay praticamente nullo, sa emozionare e tenere incollati al monitor come raramente accade. Perfezionato e meglio riuscito è il meccanismo delle scelte che influenzano la storia: laddove in A New Day si trattava più che altro di salvare Tizio piuttosto che Caio in un momento in cui non c’era molto altro da fare, qui le biforcazioni e le possibilità sono molto più sfumate, più sottili e toccano il giocatore a livello personale. All’inizio dovremo razionare il poco di cibo rimasto tra i sopravvissuti, decidendo così chi può nutrirsi e chi no: daremo da mangiare ai bambini, oppure agli adulti, che potranno meglio difendere tutti quanti? Lo daremo a chi ci sta simpatico, o magari a coloro con cui abbiamo dei conti in sospeso, come segno di buona volontà? Capiterà di prendere decisioni a caldo, sull’onda del momento, di cui poi rischieremo di pentirci (a me è capitato, maledizione!), che ci costringeranno a osservare negli altri reazioni che non avremmo voluto vedere. E spesso non ci sarà modo di provare a giustificarsi, o di spiegarsi: c’è sempre un altro morto vivente da cui scappare. INDOVINA CHI VIENE A CENA? Ci sono due elementi che mi hanno convinto poco, a parte il comparto tecnico non proprio riuscito (di cui ci ha già parlato il Cinese nella scorsa recensione, e che è rimasto ovviamente invariato) e il fatto che il gioco è solo in inglese. Il primo è la ancor minore presenza di gameplay puro: come e più che nella prima puntata, emerge la vocazione di The Walking Dead di presentarsi come una vera e propria graphic novel interattiva, dove al”giocatore” è richiesto di premere qualche pulsante qua e là, interagire con ciò con cui occorre interagire, ma soprattutto di preoccuparsi di farsi coinvolgere dalla storia e dai personaggi, lasciando in secondo piano tutto ciò che riguarda esplorazione, enigmi o altro. A un certo punto dovremo scardinare il chiavistello di una porta, e per farlo serve un cacciavite. Cosa fare? Dopo pochi passi, voilà!, ecco materializzarsi come per magia una cassetta degli attrezzi con una pinza multiuso al suo interno! E questo è l’enigma più complesso del gioco… Il secondo aspetto poco convincente riguarda la trama in senso stretto: basta non essere del tutto digiuni di film horror per capire tutto, ma proprio tutto quel che accadrà dopo una mezz’oretta scarsa di gioco. Il che, lo dobbiamo confessare, un po’ci ha deluso. Quel che riscatta una certa carenza di idee originali è il come la storia viene portata avanti, quali le ripercussioni degli eventi sui diversi personaggi, come le relazioni tra loro possano cambiare e ribaltarsi completamente nel giro di pochissimo tempo. E l’empatia sempre maggiore per Clementine, una bambina che non si può non adorare. Non aspettatevi colpi di scena che lasciano a bocca aperta, ma non sperate neppure di potervi schiodare dal monitor prima di veder scorrerei titoli di coda.