Fatalmente, proprio un paio di giorni fa ho visto per l’ennesima I volta Aliens: Scontro Finale, antefatto narrativo del gioco di Gearbox nonché punto nodale di tutta la saga di Alien. C’è addirittura chi ritiene, e io sono fra questi, che Scontro Finale sia l’ultimo capitolo cinematografico veramente “in tema” rispetto alla trattazione di personaggi e creature. Anche diversi autori sono d’accordo: nei fumetti di culto di Aliens: Book, Newt e Hicks sopravvivono al viaggio spaziale, diversamente da ciò che accade in Alien 3, mentre la trama dello stesso Aliens: Colonial Marines, pur non essendo in conflitto con i successivi sviluppi, si ricollega senza remore ai fatti narrati nel film di James Cameron. A dire il vero, ci sono pure gli appassionati pronti a sostenere differenze qualitative, più sfumate, anche tra la prima e la seconda pellicola, rispettivamente ritenute un “capolavoro assoluto”e un “capolavoro commerciale” (ammesso che possano esistere simili diversità): nel capostipite, l’alchimia fantascientifica sconfina nell’opera d’arte, con un intreccio stilisticamente perfetto e la creazione della creatura aliena più affascinante di tutti i tempi, frutto dei talenti di Ridley Scott, dello sceneggiatore Dan O’Bannon e degli artisti Gigere Moebius, all’epoca al massimo delle capacità espressive. Tuttavia, nel 1986, lo stesso Cameron era lontano dalle derive zuccherose di Terminator e, ancor più, dall’incredibile amenità di Avatar. Per lo stesso motivo, le suggestioni “mistiche”per le tecnologie militari si sono specchiate senza freni nel vascello spaziale di Aliens: Scontro Finale, la U.S.S. Sulaco, con la forma “dilatata”di un fucile d’assalto, oppure nell’equipaggiamento dei soldati spediti su LV-426, insieme a Ellen Ripley, per indagare sulle sorti di un insediamento umano (il corpo celeste, ribattezzato Acheron dai colonizzatori, è lo stesso del primo film). Allo stesso tempo, la descrizione degli alieni è arricchita di dettagli quasi documentali, mettendo in luce un’organizzazione sociale a metà strada fra le formiche e i ragni, per laboriosità e fine strategia. Sulla luna, i marine sono costretti a evocare una sorta di StarshipTrooper in salsa horror: il gruppo, appesantito dall’equipaggiamento e assolutamente inconsapevole del pericolo, si addentra nella base ed è quasi immediatamente decimato dall’attacco degli xenomorfi, pronti a difendere il territorio intorno alla regina, lungo i corridoi e i condotti della base. Manco a farlo apposta, la stessa situazione si ripresenta grossomodo in Alien: Colonial Marines, in cui le vite dei marmittoni sono affidate ai giocatori, per scoprire le sorti della U.S.S. Sulaco. Da dove verranno, questa volta, gli ospiti del parassita? RITORNO AD ACHERON La domanda con cui si chiude il paragrafo precedente è seria, pur se un po’criptica. Mi riferisco alla creazione degli xenomorfi in Aliens: Scontro Finale, dopo che i coloni sono stati rapiti dai “fuchi”e impregnati dai Facehugger dando origine, com’è logico, a una creatura per ogni essere umano. Sulle dinamiche che portano alla nuova infezione, invece, non si hanno ancora informazioni precise, così come non si sa nulla sui fatti successivi alla nuclearizzazione della base, prima che Ripley spedisse la regina a far compagnia a uno dei suoi figli, direttamente nello spazio. Di sicuro, nel dimostrativo si riconoscono ambienti molto vicini a quelli del film di Cameron, capaci di ispirare negli anni decine di imitazioni al limite della clonazione (oltre agli scenari delle campagne”umane”di AvsP, naturalmente); oppure, non possono sfuggire all’osservazione le varianti degli xenomorfi “a quattro zampe” in grado di correre più rapidamente e proteggere meglio le zone vitali, simili alle razze viste nei film da Alien 3 in poi.
Aliens: Colonial Marines
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