Quando la rivoluzione digitale ha spostato la musica dal supporto fisico del disco all’immaterialità del file mp3, alcuni hanno provato a erigere barriere per la legittima preoccupazione del diritto d’autore, altri si sono buttati a esplorare le nuove, infinite possibilità. Accanto alla crisi dell’industria discografica, sono nati fantastici mashup come il Grey Album di Danger Mouse (2004), geniale miscuglio della voce del rapper Jay-Z e di numerosi spezzoni dell’album bianco dei Beatles. Una logica simile, al festival della fotografia di Arles, viene ora applicata alle immagini. Delle 47 esposizioni dei «Rencontres» , la più grande e provocatoria è «From Here On» (d’ora in poi), fondata sul principio che per creare arte fotografica non è poi necessario fare nuovi scatti, ma è possibile anche riutilizzare in modo originale l’esistente, le fotografie già realizzate — a milioni — con telefonini e macchine digitali e poi messe su Internet. La cattedrale di San Basilio, la Tour Eiffel, il Big Ben, il Colosseo, la Torre di Pisa… Monumenti infinitamente fotografati, spesso con la stessa inquadratura, riacquistano interesse quando Corinne Vionnet, per esempio, sovrappone centinaia di scatti trovati online per creare nuove immagini, a metà tra il familiare e lo spettrale. «L’idea— dice la Vionnet, 42enne svizzera — mi è venuta durante una visita a Pisa, quando sono inevitabilmente andata a visitare la Torre. C’erano tantissimi turisti, quasi tutti che scattavano fotografie, e mi sono domandata se poi quelle immagini sarebbero sembrate tutte uguali. A casa ho cercato online, nei siti dove la gente carica le sue foto: ho avuto l’impressione che tutti stessero cercando di riprodurre un’immagine che già avevano in testa» . L’americana Penelope Umbrico, invece, ha creato «Soleils de Flickr» tagliando e incollando immagini del sole al tramonto scaricate dal sito di condivisione delle immagini. Assieme alla Vionnet e ad altri 34 artisti, la Umbrico ha accettato di esporre ad Arles all’interno della mostra «From Here On» , che ha come curatori cinque grandi nomi della fotografia: il britannico Martin Parr, lo spagnolo Joan Fontcuberta, il conservatore del Centre Pompidou Clément Chéroux, l’olandese Erik Kessels e il berlinese Joachim Schmid. «È un modo di festeggiare i cent’anni del ready-made di Marcel Duchamp, che creava arte spostando un oggetto da un ambito all’altro — dice Fontcuberta —. Oggi questo atteggiamento artistico si è generalizzato. L’accesso libero a milioni di immagini ha generato un nuovo territorio creativo e cambiato i canoni della fotografia» . A fine Ottocento, la fotografia nacque e si sviluppò con l’intento di documentare la verità e trasmettere la memoria. Accanto a quel canone, oggi se ne stanno aggiungendo altri. La maggioranza delle fotografie sono scattate in fretta da ragazzini, destinate a essere consumate e cancellate in poco tempo. La velocità e l’immediatezza, prima di tutto. Per questo il nuovo sistema operativo dell’iPhone rende possibile attivare immediatamente la fotocamera premendo un solo tasto, per rendere ancora più veloce lo scatto e non mancare «quella» particolare inquadratura. «Immagini non di lunga durata ma fotografie come gesto, come atto di comunicazione» , dice Fontcuberta. Magari prive di grande valore individuale, ma nel loro insieme capaci di offrire uno sguardo interessante sulla società, e di fornire un’immensa base per successive elaborazioni artistiche. La provocazione di Arles arriva dopo una prima sperimentazione a Losanna, nel 2007, con la mostra «Tutti fotografi» , che già celebrava la democratizzazione visuale. Ora «From Here On» elabora un vero manifesto: «Possiamo chiedere alle immagini di fare tutto ciò che vogliamo— si legge nel documento —. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è un occhio, un cervello, una macchina fotografica, un telefonino, un computer, uno scanner, un punto di vista. Noi creiamo più che mai, perché le nostre risorse sono illimitate e le possibilità infinite» . Non è così facile. Fuori della mostra, decine di iscritti alla Upp (Union des photographes professionnels) hanno messo in scena il funerale della fotografia, portando in processione la bara del «diritto d’autore» con cartelli come «Le immagini libere da diritti comportano la morte lenta e dolorosa dei fotografi» . Dalla musica all’editoria, al cinema, alla fotografia, un mondo sta finendo e quello nuovo ha ancora contorni poco precisi. Gli artisti, intanto, guardano avanti.