Sei stufa di vedere tuo figlio incollato alla console come uno zombie e di combattere crociate quotidiane contro la dipendenza da videogiochi e piccolo schermo? Se la risposta è “sì”, pare ci siano buone nuove in arrivo. Recenti studi scientifici dimostrano che i videogame non fanno cosi male alla salute, anzi. I vantaggi? Potenziano le attività cerebrali, allenano la logica, migliorano la reattività dei giocatori. Un giro danari da un miliardo di euro L’indagine dell’università americana di Rochester ha riscontrato come alcuni giochi contribuiscano al miglioramento delle capacità percettive e dell’attenzione, mentre i videogiochi “pro-socialità” si sono dimostrati positivi sotto il profilo comportamentale. E secondo il Neuroscience Institute dell’Università di Princeton alcuni videogame farebbero addirittura bene alla vista. Un po’ come dire, sviluppa la cooperazione con l’orto virtuale FarmVille, conosci amici e flirta online con The Sims Social e aguzza la vista con First Persoti Shooter. Un punto a favore dell’enorme industria dell’intrattenimento, che nel 2010 ha fatturato 56 miliardi di dollari (circa 42 miliardi di euro), di cui 1,1 miliardi di euro solo in Italia. Secondo i dati dell’Aesvi, l’Associazione editori svilpuppatori videogiochi italiani, nello stesso anno, sempre nel nostro Paese, sono stati venduti 33 videogiochi e 5 console al minuto. Dunque i videogame sono croce o delizia dei gio catori? «Innanzitutto non sono un’unica categoria: ne esistono un’infinità e sono in continua evoluzione», spiega Francesco Pignatelli, psicologo autore di La città invisibile, sito per la sicurezza dei minori sul web (www.citta-invisibile.it). «I videogiochi sono come i libri e i film, non sono di per sé buoni o cattivi, sta agli educatori scegliere bene. Purtroppo, questo spesso non succede perché genitori e insegnanti non hanno quasi mai una cultura del gioco elettronico». «I genitori devono controllare» La prima regola dunque è selezionare con cura. Perché scegliere un videogioco non è, diciamo così, un gioco. Oltre al passaparola e a recensioni attendibili, c’è uno strumento che viene in aiuto dei genitori, il sistema europeo di valutazione denominato Pegi {www. pegi.info), che suddivide i titoli per fasce d’età e spiega con simboli sulle copertine le situazioni che si incontrano nel gioco (violenza, alcol, sesso…). Come funziona? Un gioco classificato Pegi 3 ha il semaforo verde. Un Pegi 12, che corrisponde all’arancione, indica la presenza di scene violente più esplicite, mentre un Pegi 18 (colore rosso) indica contenuto riservato agli adulti. Attenzione però, il sistema dà indicazioni accurate, ma non può sostituirsi alle scelte dei genitori. Quindi meglio abbandonare pregiudizi inutili ed evitare i divieti assoluti. Anzi, meglio sarebbe se gli adulti si avvicinassero al mondo dei giochi virtuali^ «Il genitore deve controllare che tipo di videogiochi usano i ragazzi e possibilmente consigliarli, senza lasciare la scelta interamente nelle loro mani o in quelle degli amici», spiega Pignatelli. Giocare assieme è il passo successivo, anche se non è sempre possibile. «È bene che i bambini quantomeno abbiano la sensazione di fare un’attività sotto il controllo dei genitori», sottolinea Pignatelli, «e che sentano che le nuove tecnologie sono un “territorio” dove mamma e papà comandano o quanto meno controllano quel che accade». Non è solo un hobby peri più piccoli La prima avvertenza per un uso consapevole della console è questa: non esagerare mai. «Due ore al giorno come limite massimo e meglio se con brevi pause durante la sessione di gioco. Il tempo è cumulativo: comprende cioè mtte le attività svolte con il computer (Internet, videogiochi e altro), a esclusione delle attività di studio», raccomanda lo psicologo. È anche consigliabile impone dei giorni di astinenza totale: «Meglio lasciarli giocare un’ora in più ogni tanto», aggiunge il dottor Pignatelli, «ma fare in modo che giocare non diventi un’abitudine quotidiana, per evitare che si trasformi in dipendenza». Una regoletta che non vale solo per i più piccoli. La passione da videogame colpisce infatti anche gli adulti: in Italia il 24 per cento degli uomini tra i 16 e i 49 anni gioca regolarmente. Altro che hobby per ragazzetti. Anzi, con le dovute misure, il gioco fa talmente bene che può dare benefìci pure a certi professionisti, come nel caso dei chirurghi. Dal test fatto su 303 medici dal Beth Israel Medicai Center, centro ospedaliero di New York, è emerso che chi usa un videogioco d’abilità prima di entrare in sala operatoria diventa più rapido e scaltro: commette meno enori, ha più manualità e impiega mediamente undici secondi in meno rispetto ai colleghi che non hanno giocato.