Affrancare le start up italiane dal ghetto non solo imprenditoriale, ma anche culturale e politico, nel quale sono relegate.
Scoprire le forze che in altri Paesi hanno creato un canale almeno parziale di uscita dal torrente della disoccupazione giovanile. E, non ultimo, spezzare l’incantesimo di un diffuso pessimismo italiano nei confronti di tutto ciò che è «digitale» e che, di fatto, camuffa un ancor più diffuso pessimismo nei confronti degli under 30. In una formula, creare un big push digitale.
Con questo carico non proprio banale di responsabilità, visti i tempi, oggi il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, svelerà la nascita di una «task force governativa sulle start up» durante l’incontro romano organizzato da Stefano Parisi di Confindustria digitale. «L’obiettivo— ha confermato al Corriere lo stesso Passera—è di arrivare a concepire un pacchetto di misure di varia natura – amministrative, fiscali, di semplificazione burocratica, di credito d’imposta e in generale di incentivi, di sostegno all’internazionalizzazione – per alimentare in Italia un ambiente nuovo che incoraggi e promuova la creazione e la crescita di imprese innovative».
Dunque un decreto sul tema che dovrebbe rimanere autonomo rispetto a DigItalia, quello sull’Agenda digitale. Sospettare di due termini anglosassoni nella stessa frase è lecito. Le task force, come i think tank o i nostrani tavoli, non sempre risultano all’altezza delle aspettative. Ma il progetto parte con il piede giusto, cooptando non politici ma imprenditori e professionisti, alcuni anche startupper di successo con la prima new economy.
Il gruppo, coordinato dal capo della segreteria tecnica Infrastrutture, Andrea Fusacchia, sarà composto da Paolo Barberis, fondatore di Dada e dell’acceleratore fiorentino Nana Bianca, Enrico Pozzi, docente ad Harvard e chief executive officer di Eikon, l’ex ad di Tiscali, Mario Mariani, oggi alla guida dell’incubatore cagliaritano Net Value, l’ex country manager di Google, Massimiliano Magrini, oggi venture capitalist con Annapurna, Riccardo Donadon, fondatore d i H-farm, Andrea Di Camillo, socio di Banzai emanager di Principia, Selene Biffi, eletta Young Global Leader al World Economic Forum nel 2009 e consulente Onu, Annibale D’Elia, ideatore del fortunato programma pugliese «Bollenti Spiriti», Giuseppe Ragusa, economista Luiss, e Giorgio Carcano, presidente di ComoNExT. Della task force fanno parte anche Luca De Biase, giornalista del «Sole24Ore », e Donatella Solda-Kutzmann, consulente del ministro Francesco Profumo. L’iniziativa prevede anche un braccio operativo, l’associazione Italia Startup (www.italiastartup. it) che sempre oggi dovrebbe ricevere l’endorsement del ministro. Di questa seconda realtà faranno parte solo Donadon (presidente), Barberis, Pozzi, Mariani e Carcano. L’idea è creare, accanto alle linee guida da affidare a Passera, anche le condizioni operative per stimolare il brodo primordiale. Le iniziative di singoli under 30 che stanno, nonostante tutto, creando la propria azienda digitale ci sono, come documentato dal Corriere nell’ambito del progetto «Solferino28». Ma sono realtà a macchia di leopardo. Gruppi senza network e privi di ambienti condivisi a dispetto dell’appartenenza alla «generazione della Rete».
Il Meridione si sta dimostrando bacino di risorse. Ciò che manca sono i consigli giusti per passare dall’esaltante fase dell’idea alla tediosa seppure necessaria fase del business plan per raccogliere fondi. La partecipazione al think tank sarà pro bono. Ma permolti imprenditori la scommessa è far partire il fenomeno e dunque il business digitale anche in Italia, unico Paese europeo senza un caso di successo 2.0 conclamato (in Francia c’è Vente-privée, in Germania SoundCloud, in Svezia Spotify, in Spagna Fon, in Lituania GetJar, in Gran Bretagna Love- Film, in Polonia Filmaster). Sopra tutto e tutti c’è il ritorno sociale: McKinsey accredita 2,6 posti di lavoro per ogni unità persa. Ma da noi questi studi restano un esercizio di stampa. Dietro il progetto c’è anche la maturazione della consapevolezza di dover creare un caso, parlarne, aprire il dibattito. Proprio per questo il ministro starebbe pensando anche a una mini-«Cernobbio» 2.0 che potrebbe tenersi a maggio a Roncade, nella «Treviso valley » alimentata da Donadon. Vecchi rituali ma, finalmente, nuovi contenuti. Resta l’incognita più scivolosa da scoprire: ci saranno i soldi pubblici? In altri Paesi, come la Francia, il big push ha potuto beneficiare di un fondo dei fondi partecipato in maniera solida dallo Stato. Ma qui la discesa in campo della Cdp sembra improbabile. La sfida sarà passare dall’alchimia delle parole ai fatti.