Un quarto di milione di euro è un prezzo davvero stravagante per un hamburger. Eppure è quanto pagherà il fantomatico finanziatore dello chef britannico Heston Blumenthal, che si accinge a buttare sulla piastra il primo “hamburger in provetta” della storia. Costa infatti 250mila euro il prodigio che un gruppo di ricercatori olandesi ha realizzato grazie alla ricerca sulle cellule staminali: Blumenthal è un cuoco da tre stelle Michelin, molto rinomato in Inghilterra per le sue sperimentazioni e grazie al finanziamento di un benefattore che ha preferito rimanere anonimo sarà il primo in assoluto a cucinare l’avveniristica pietanza. Di primo acchito, l’idea di mangiarsi un hamburger da 250mila euro potrebbe sembrare balzana ma l’intento è nobile: una volta raffinato, il procedimento dell’hamburger in provetta potrebbe consentire di ricavare enormi quantità di hamburger senza nuocere agli animali. Si abbatterebbe del 60% l’enorme inquinamento provocato dagli allevamenti di bovini a fine alimentare. Gli allevamenti di animali sono infatti fra le principali fonti di emissione di metano. Mark Post è il medico del Dipartimento di fisiologia dell’Università di Maastricht e sua è la paternità del progetto. Dopo aver lavorato per sei anni a una serie di esperimenti, passando dalla carne di topo a quella di maiale, Post ha annunciato a un convegno dell’American Association for the Advancement of Sciences a Vancouver di essere pronto a produrre un macinato artificiale dall’aspetto e dal sapore simili a quello di mucca. Per il momento la realizzazione è piuttosto faticosa e incide sul prezzo: finora Post ha messo a punto un piccolo pezzo di muscolo di tre centimetri di lunghezza e mezzo di spessore dal colore giallo-rosato. Per realizzare la polpetta serviranno 3mila di queste strisce unite a qualche centinaio di analoghi pezzo di tessuto adiposo. Il ricercatore avrà l’onore – e la responsabilità – di indicare la persona che mangerà l’”hamburger in provetta” cucinato da Blumenthal (pagato dal generoso e misteriorissimo finanziatore). Post spiega così il senso della sua ricerca: «Le mucche sono bestie molto inefficienti nel modo in cui convertono la materia vegetale in proteine animali. La richiesta di carne raddoppierà nei prossimi 40 anni mentre attualmente stiamo usando il 70% delle capacità agricole mondiali per ottenere carne da allevamento». Grazie alla nuova tecnologia da una sola mucca si potrebbero ricavare 100mila hamburger in luogo degli odierni 100. E senza nuocerle. Nonostante i suoi effetti positivi, l’idea non esalta i consumatori. Secondo la Coldiretti tre italiani su quattro (73%) non mangerebbero l’”hamburger in provetta” nemmeno se cucinato da uno chef di fama. Di certo l’aspetto del prodotto non stimola l’appetito: è piuttosto diverso dalla carne “normale” soprattutto per l’assenza di mioglobina, che conferisce il colore rosso, mentre il gusto dovrebbe essere piuttosto insipido, almeno all’inizio. Oltre alla mucca, gruppi di ricercatori di tutto il mondo sono alle prese anche con altri animali, dal pollo al maiale.