Pietro Scott Jovane sembra il manager ideale per valutare l’ostilità o meno dell’ambiente italiano alle aziende: prima ha lavorato a New York per un marchio italiano (Versace). Da qualche anno lavora in Italia per una multinazionale Usa, la Microsoft, di cui è amministratore delegato. «Investire in Italia vale la pena. Lo dimostra il fatto che la Microsoft vi è presente da 26 anni e la considera un mercato particolarmente importante» spiega il manager. E non per cortesia. I numeri dell’Italia imprenditoriale analizzata attraverso il microscopio Microsoft mostrano una coltura innovativa di cui non si parla spesso. «Ci sono 45 mila aziende che operano nell’information technology. Con noi ne lavorano 25 mila. Se si considera che Microsoft in tutto il mondo ha 650 mila partner il risultato qui è più che proporzionale rispetto agli altri Paesi. Ma non solo: un nostro euro di fatturato viene trasformato dalle aziende italiane 9,3 volte, un multiplo ben più alto di quello degli altri paesi. I talenti ci sono. E la propensione all’imprenditorialità tra i giovani è tre volte la media europea» . Jovane è consapevole di lavorare in un settore geneticamente più flessibile e innovativo rispetto a delle catene di montaggio. «Lo stock di innovazione tecnologica in Italia è basso» . Però «il flusso è alto» . In altre parole, superata la resistenza iniziale, le decisioni vengono adottate velocemente. Certo, in generale «c’è anche la tendenza a considerare la tecnologia come un elemento che potrebbe portare via posti di lavoro» , conclude, ma «l’Italia accelera con l’innovazione» .